" Luigi Pirandello e il suo Uno, nessuno e centomila."

Luigi Pirandello

Chi è Luigi Pirandello?

Luigi Pirandello è senza dubbio lo scrittore più rappresentativo dei primi decenni del ‘900. Per merito suo la letteratura italiana uscì finalmente dai confini ristretti della Nazione e acquistò dimensione e respiro europeo, addirittura mondiale, come attesta il premio Nobel conferitogli nel 1934.

Siciliano di nascita, Agrigento la sua città, Luigi Pirandello nacque nel 1867.

Compiuti gli studi universitari a Roma e a Bonn, in Germania, tornò in Italia e si stabilì nella Capitale, dove insegnò italiano al magistero.

Dopo avere scritto novelle e romanzi si dedicò al teatro e diresse una compagnia di arte drammatica con Marta Abba e Ruggero Ruggeri.

Luigi Pirandello morì a Roma dopo aver ottenuto il premio Nobel nel 1936.

Luigi Pirandello, analizzando filologicamente il suo cognome, diceva che esso era composto da due termini greci, che rispettivamente, significano “fuoco” e “angelo” e aggiungeva, scherzosamente, di essere, appunto, un angelo di fuoco, l’inceneritore o il distruttore dei pregiudizi, delle ipocrisie e della presunta verità assoluta della gente.

 

Il Pensiero

Il pensiero pirandelliano si fonda sul rapporto dialettico tra Vita e Forma.

La Vita, pur essendo perpetuamente morbida e fluida, per un “destino burlone” tende a calarsi in una Forma, in cui resta prigioniera e dalla quale cerca di uscire, per assumere nuove forme, senza mai trovare pace.

Dal rapporto dialettico tra Vita e Forma deriva il relativismo psicologico, che si svolge, per così dire in due sensi: in senso orizzontale e riguarda il rapporto dell’individuo con gli altri e in senso verticale e riguarda il rapporto dell’individuo con se stesso, col suo subcosciente.

Secondo Luigi Pirandello, gli uomini non sono liberi, ma sono come tanti “pupi” nelle mani di un burattinaio invisibile e capriccioso.

E chi è questo burattinaio?

Il Caso.

Quando nasciamo, infatti, ci troviamo inseriti, per puro caso, in una società precostituita, regolata da leggi, convenzioni, abitudini, già fissate in precedenza indipendentemente dalla nostra volontà. Inseriti in determinato contesto, o la società o noi ci assegniamo una parte nell’enorme “pupazzata” che è la vita; ci fissiamo, cioè, in una forma, obbligandoci, in conseguenza, a muoverci secondo schemi ben definiti (il magistrato, il medico, l’avvocato, il maestro, il prete, il commerciante) che accettiamo o per pigrizia o per convenienza, senza mai avere il coraggio di rifiutarli, anche quando contrastano con la nostra natura.

Ma sotto l’apparenza della “Forma” in cui noi stessi (o gli altri) ci siamo fissati, il nostro spirito freme per la sua continua mutabilità, perché avverte il “brulichio” di una vita diversa, sentimenti ed impulsi che spesso sono in contrasto con la parte o la maschera che noi (o gli altri) ci siamo imposti.

Ci freniamo sia per non urtare contro i pregiudizi della società, sia per la buona pace del nostro spirito, perché nel mondo mutevole ed enigmatico nel quale viviamo immersi, nella nostra forma o maschera fissa è l’unico punto fermo, al quale ci aggrappiamo disperatamente per non essere travolti dalla tempesta.

Capita, a volte, che l’anima istintiva che è in noi esploda violentemente, in contrasto con l’anima “morale” facendo saltare i pudori e i freni inibitori e lasciando via libera al flusso torrenziale del desiderio a lungo represso “ come un vulcano che per tanti inverni si sia lasciato cadere neve e neve e neve, ad un tratto rigetta quel gelido mantello e scopre al sole le viscere infuocate”.

Allora la maschera si spezza e siamo come un violino fuor di chiave, cioè stonato, nel generale concerto della società, o come un attore che si mette a recitare sulla scena una parte che nel copione non gli è stata assegnata.

Anche in questo caso, però, non abbiamo motivo di rallegrarci perché una volta usciti dalla vecchia forma, il senso di libertà che proviamo è di breve durata, in quanto il nuovo modo di vivere ci imprigiona in un’altra “forma” diversa dalla prima ma altrettanto provvisoria e soffocante, com’è sempre ogni prigione. E allora tanto vale entrare nell’antica forma, un ritorno che si rivela impossibile per il continuo mutare della realtà.

Questo contrasto tra la maschera e il volto, ossia tra l’apparenza esteriore e la realtà interiore dell’essere è un tema ricorrente in tutta l’opera di Luigi Pirandello e frammisto ad altri temi, costituisce il motivo di fondo del suo romanzo più famoso: Il Fu Mattia Pascal.

Secondo Luigi Pirandello, quando l’uomo scopre il contrasto tra la maschera e il volto, tra la forma cioè e l’essere, può reagire in tre modi diversi in rapporto al suo temperamento. C’è, infatti, la reazione passiva, la reazione ironico-umoristica e la reazione drammatica.

La reazione passiva è quella dei più deboli, che si rassegnano alla maschera o alla forma che li imprigiona, incapaci di ribellarsi o delusi dopo l’esperienza di una nuova maschera.

E’ la reazione di Mattia Pascal nell’ultima parte del romanzo. Chi si rassegna, sente la pena del vedersi vivere, come se i suoi atti fossero staccati da sé ed appartenessero ad un’altra persona e vive perciò col senso doloroso di una frattura tra la vita che vorrebbe vivere e quella che è costretto a vivere.

La reazione ironico-umoristica è quella di chi non si rassegna alla maschera e, visto, che non se ne può liberare sta al gioco delle parti ma con un atteggiamento ironico, polemico, aggressivo, umoristico, per la pietà che suscita in chi lo osserva nella sua pena. Questo tipo di reazione è rappresentato ne La Patente, in Pensaci, Giacomino! E nel Giuoco delle parti.

 

La reazione drammatica è quella di chi, sopraffatto dall’esasperazione, né si rassegna, né riesce a sorridere umoristicamente della vita. Allora, egli si chiude in una solitudine disperata che lo porta al dramma, al suicidio o alla pazzia. Questo tipo di reazione è rappresentato in Uno, nessuno e centomila, nell’Enrico IV e nei sei personaggi in cerca d’autore.

Il disagio dell’uomo non deriva soltanto dall’urto con la società ma anche dal continuo ribollimento e trasmutarsi del suo spirito, che non gli permette di conoscere bene se stesso, né di cristallizzarsi in una personalità nettamente ben definita.

Dal fondo del subcosciente, infatti, che è la zona oscura e misteriosa del suo essere, affiorano sempre nuovi sentimenti ed impulsi, che lo rendono diverso non solo degli altri ma anche del se stesso di prima e da quello che sarà poi. Luigi Pirandello riprende la concezione romantica del perenne svolgimento dello spirito, ma mentre in quella filosofia lo svolgimento era riferito allo Spirito universale, di cui quello individuale era solo una parte insignificante, egli lo trasferisce allo Spirito individuale, esasperandolo fino a giungere alla disgregazione della coscienza.

Proprio per il suo continuo divenire, l’uomo è nello stesso tempo uno, nessuno e centomila.

E’ “Uno” perchè è quello che di volta in volta lui crede di essere.

E’ “Nessuno” perché, dato il suo continuo mutare, è incapace di fissarsi in una personalità nettamente definita, né si riconosce nella forma o apparenza che gli altri gli attribuiscono.

E’ “Centomila”, perché ciascuno di quelli che lo avvicinano lo vede “a suo modo” ed egli assume tante forme o apparenze quante sono quelle che gli altri gli attribuiscono.

La disgregazione della persona umana costituisce il tema di fondo del romanzo-saggio Uno, nessuno e centomila.

 

Qual è la differenza tra Il Fu Mattia Pascal e Uno, nessuno e centomila?

Nel primo romanzo il relativismo psicologico si svolge prevalentemente in senso orizzontale, perché è centrato sul rapporto di Mattia, sdoppiato, con la società.

Nel secondo romanzo il relativismo psicologico si svolge prevalentemente in senso verticale, è centrato sul ripiegamento in se stesso di Vitangelo Moscarda che vede frantumarsi in centomila aspetti la propria personalità, fino alla follia e all’ autodistruzione.

I due romanzi hanno in comune il senso della solitudine dell’uomo in un mondo estremamente mutevole, incomprensibile ed assurdo.

Un altro dramma del relativismo psicologico è Così è (se vi pare).

Le ragioni del relativismo psicologico, della continua mutabilità del nostro spirito, sono esposte da Luigi Pirandello in una novella: La Trappola.

Il Dio di Luigi Pirandello non è il Dio trascendentale e personale del Cristianesimo ma l’eterno fluido incandescente, da cui l’anima si era staccata per assumere momentaneamente una forma nella vita terrena.

A rendere più complicata la vita dell’uomo sono gli uomini stessi, che per natura sono asociali, mutevoli e ribelli. Per domarli e costringerli ad accettare le leggi, ai fini della convivenza civile, no giova la democrazia che Luigi Pirandello definisce, per bocca di Mattia Pascal, una “tirannia mascherata da libertà”, ma occorre il potere coercitivo dello Stato, che lo deve esercitare non negli interessi di una classe, ma di tutti gli uomini, per assicurare l’ordine e la disciplina.

L’avversione radicale alla democrazia in nome della pace sociale spiega la simpatia con cui Luigi Pirandello guardò al Fascismo e al suo capo, fino ad inviare a Mussolini un telegramma di solidarietà, nel 1924, all’indomani del delitto Matteotti, e a chiedere l’iscrizione al partito. Tuttavia egli non si lasciò mai coinvolgere nei goffi miti mussoliniani di grandezza e imperialismo.

Nel pensiero di Luigi Pirandello sostanzialmente non c’è nulla di nuovo. Esso è, infatti, una ripresa del motivo romantico dell’insoddisfazione e della inquietudine perenne dello spirito umano acuita dal Decadentismo.

Luigi Pirandello lo rielabora, esasperandolo e rappresentandolo in situazioni paradossali al punto che spesso la cronaca parla di vicende “pirandelliane”.

Dall’ insoddisfazione e dall’ inquietudine esistenziale, la gente comune si difende col buon senso, con la rassegnazione, con l’accettazione serena dei limiti umani, convinta che non esiste né la libertà assoluta, né la felicità assoluta, né la verità assoluta.

Luigi Pirandello, invece, rappresenta lo stato d’animo che si ribella a questa condizione oppure ne fa un dramma che può portarlo anche alla pazzia.

Il suo merito è quello di smascherare e di condannare le ipocrisie, gli egoismi, i pregiudizi e soprattutto i venditori di fumo, coloro che approfittano della “forma”, entro cui si sono chiusi, per tramare i loro inganni e le loro frodi a danno degli altri. Facendo ciò, egli tende ad autentico miglioramento della società, fondato sul rispetto assoluto della persona umana.

 

Dove è racchiusa la poetica di Luigi Pirandello?

Nel suo saggio L’Umorismo.

L’umorismo è il sentimento del contrario, che nasce, nello scrittore umorista, dall’azione combinata di due forze diverse ma complementari, per cui egli è nello stesso tempo poeta e critico di una situazione.

Le due forze sono il sentimento, che crea le situazioni della vita, e la ragione che interviene e le analizza scomponendole nei loro elementi costitutivi e rivelandone i meccanismi che le determinano.

Luigi Pirandello come spiega la complementarietà delle due forze da cui si genera l’umorismo?

Si serve di due immagini.

Prima dice che la ragione è come una superficie di acqua gelata, in cui il sentimento si tuffa e si smorza. Il friggere dell’acqua rappresenta che il riso che l’umorista suscita;

oppure, Luigi Pirandello, dice che la ragione è come demonietto che ha lo scopo di squarciare i veli che avvolgono la realtà, per penetrarla a fondo e smontare i congegni di cui ogni caso della vita è formato.

Nell’arte umoristica, quando la ragione interviene per analizzare una situazione, o si ferma alla superficie – e allora si ha “l’avvertimento del contrario” – o penetra in profondità, per scoprire la ragione del contrario, e allora si ha “il sentimento del contrario”.

Luigi Pirandello porta l’esempio di una vecchia signora che si unge i capelli, si trucca goffamente e si agghinda come una giovinetta.

La prima reazione nel vederla così conciata è quella di ridere “avvertendo” il lato comico della situazione perché la vecchia è il << contrario >> di ciò che dovrebbe essere una donna seria, alla sua età. Questo è il momento comico dell’ “avvertimento” del contrario. Interviene poi la ragione, che con la sua riflessione vuole rendersi conto del perché di un così goffo comportamento e scopre che quel modo di truccarsi è una forma di autoinganno: la vecchia signora ha paura della vecchiaia e crede di allontanarla o di nasconderla, abbandonandosi a quel modo. Questo è il momento del “ sentimento del contrario”, perché alla comicità subentra la pietà per il dramma penoso della povera donna.

Luigi Pirandello fa la stessa cosa nell’esaminare la figura di don Abbondio nei Promessi Sposi del Manzoni.

Un osservatore superficiale, egli dice, quando in don Abbondio avverte < il contrario > di quello che avrebbe dovuto essere, ride per la comicità che nasce dai suoi atti, dai suoi gesti, dai suoi brontolii, perché vede il ridicolo della situazione. Ma poi si accorge che il Manzoni non si sdegna per il comportamento di don Abbondio perché lui ha il <<sentimento del contrario> > . Infatti egli, pur avendo un ideale altissimo della missione del sacerdote sulla terra, ha pure in sé la riflessione che gli suggerisce che questo ideale non si incarna se non per rarissima eccezione.

Il Manzoni vedeva incarnata la figura del sacerdote ideale nel cardinale Federigo e non nel povero don Abbondio, che non era nato col cuor di leone e si era fatto prete non per vocazione, ma per “ procurarsi di che vivere con qualche agio e mettersi riverita e forte”.

Don Abbondio, perciò, conclude Luigi Pirandello, non è “ comico soltanto, ma schiettamente e profondamente umoristico”. Come tutti i personaggi umoristici, ci ispira insieme comicità e pietà, perché l’umorismo è simile – secondo un’altra immagine pirandelliana – a un enorme bifronte, che da una faccia ride e dall’altra piange.

 

ALTRE OPERE DI LUIGI PIRANDELLO

Il teatro rappresenta la parte più valida ed interessante della produzione artistica di Luigi Pirandello. Egli debuttò, piuttosto tardi, il 9 dicembre 1910 al teatro Metastasio di Roma, con la morsa e Lumìe di Sicilia.

Luigi Pirandello chiamò il suo teatro << teatro dello specchio>> perché in esso si rappresenta la vita nuda, cioè senza maschera, con le sue reali verità e amarezze. Luigi Pirandello credeva nella forza del teatro. Alla base del suo teatro c’è la forte esigenza morale di strappare gli uomini dalle menzogne, perché il mondo si rinnovi secondo giustizia, verità e libertà.

43 fra drammi e commedie.

Enrico IV, Cosi è (se vi pare), Pensaci, Giacomino! Sei personaggi in cerca d’ autore. Quest’ultima è la commedia più discussa di Luigi Pirandello. Quando fu rappresentata per la prima volta a Roma, al teatro Valle, il 10 maggio 1921, suscitò violenti polemiche per l’incomprensione del pubblico, che si trovava per la prima volta davanti ad un’opera così nuova e così provocatoria.

L’autore che ha concepito il dramma, di un padre sorpreso, in una casa equivoca, in intimità con la figliastra, che si prostituisce per miseria in cui vive, si rifiuta di scriverlo, ma i sei personaggi ideati (il padre, la madre, il figlio di ventidue anni, la figliastra di circa diciotto anni, il giovinetto sui quattordici anni e una bambina di quattro anni) girano per il mondo alla ricerca di un autore che faccia vivere sulla scena il loro dramma.

Le Novelle: Novelle per un anno.

I Romanzi: L’esclusa, Il turno, Il fu Mattia Pascal, Suo marito, I vecchi e i giovani, Si gira (Quaderni di Serafino Gubbio operatore), Uno, nessuno e centomila.

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