" Gabriele d'Annunzio e il vivere inimitabile. "

Gabriele d’Annunzio e il dannunzianesimo

Gabriele d’Annunzio, insieme a Giovanni Pascoli,

è il maggiore esponente del decadentismo italiano.

Nasce a Pescara nel 1863 e, dopo aver frequentato il ginnasio e poi il liceo,

si trasferisce a Roma dove si iscrive alla facoltà di Lettere senza mai giungere alla laurea.

Allo studio sistematico, infatti, Gabriele d’Annunzio, preferisce la vita mondana della Capitale frequentando i salotti più rinomati, i circoli letterari e le redazioni dei giornali e delle riviste.

Gabriele d’Annunzio si dedica così, con lavoro instancabile, ad una feconda attività letteraria.

Amante delle donne, dapprima sposò la duchessa di Galles dalla quale poi si separò e, successivamente, passò ad altri amori.

I momenti più salienti della vita di Gabriele d’Annunzio furono:

-il viaggio in Grecia con alcuni amici,

-la relazione amorosa con l’attrice Eleonora Duse,

-il soggiorno in Toscana nella villa “Capponcina

e la partecipazione alla vita politica.

 

In parlamento, Gabriele d’Annunzio,

sedeva sui banchi della Destra ma,

al tempo dell’ostruzionismo della Sinistra

contro le leggi repressive del Governo Pelloux,

passò clamorosamente all’estrema sinistra

dicendo che come uomo di intelletto andava verso la vita.

 

Alla Capponcina visse per qualche tempo circondato da belle donne, armi, cavalli e servi,

conducendo una vita sfarzosa senza mai pagare i debiti che man mano contraeva.

E per evitare i fastidi dei creditori lasciò l’Italia e andò in volontario esilio in Francia.

 

Alla scoppio della I Guerra Mondiale tornò in Italia

e partecipò al conflitto compiendo numerose azioni di valore tra cui

la Beffa di Bùccari e

il volo dimostrativo su Vienna.

 

La Beffa di Bùccari consistette in un attacco condotto da 3 torpediniere italiane,

nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 1918,

contro la flotta austriaca ancorata nella rada di Bùccari, in Croazia.

 

Il volo su Vienna fu compiuto il 9 Agosto 1918

da una squadriglia di apparecchi

che lanciarono sulla città migliaia di manifestini

in cui si leggeva:

<<Viennesi imparate a conoscere gli Italiani.

Noi voliamo su Vienna, potremo lanciare bombe a tonnellate.

Noi vi lanciamo un saluto a 3 colori: i

3 colori della Libertà>>.

 

Finita la guerra,

poiché gli alleati non volevano riconoscere l’annessione di Fiume all’Italia,

nel 1919, Gabriele d’Annunzio con i suoi legionari,

partì da Ronchi e occupò Fiume fino al Natale del 1920

quando si ritirò per non spargere sangue fraterno combattendo

contro le truppe inviate dal Governo di Roma presieduto da Francesco Nitti.

 

Dopo l’impresa di Fiume, Gabriele d’Annunzio,

nominato dal re Principe di Montenevoso,

visse, fino alla morte avvenuta nel 1938,

a Gardone Riviera vicino Brescia, sulle rive del lago di Garda,

nella villa Cargnacco da lui acquistata

e chiamata il Vittoriale dagli Italiani,

perché in essa si raccolsero numerosi cimeli della Grande Guerra.

 

Gabriele d’Annunzio

nei confronti del Fascismo tenne un atteggiamento ambiguo fatto,

a volte, di indipendenza sprezzante e,

a volte, di benevolo appoggio, usufruendo di sovvenzioni notevoli.

 

Nell’insieme, Gabriele d’Annunzio,

seppe realizzare quel vivere inimitabile,

eccezionale, dominato da una continua ricerca di bellezza e di grandezza

che era nel gusto estetizzante del Decadentismo,

di una vita, cioè costruita come un’opera d’arte.

 

Gli stessi atti di valore in guerra testimoniano,

non tanto il suo amore di patria e la sua audacia,

quanto il gusto dell’avventura, il compiacimento del bel gesto,

la ricerca della bella morte, come coronamento del vivere inimitabile.

Gabriele d’Annunzio scrisse di sé:

<<Non sono e non voglio essere solo un poeta.

Tutte le manifestazioni della vita e dell’intelligenza mi attraggono ugualmente>>.

E da ciò si può affermare che l’unica opera d’arte di Gabriele d’Annunzio,

perfettamente riuscita, sia stata la sua stessa vita di esteta decadente.

 

 

Decadentismo dannunziano

Gli aspetti più significativi

del decadentismo dannunziano,

frutto di scelte precise,

operate nell’ambito delle più svariate tendenze del decadentismo europeo,

sono:

 

– l’Estetismo Artistico,

cioè la concezione della poesia e dell’arte

come creazione di bellezza in assoluta libertà di motivi e di forme;

 

 

– l’Estetismo Pratico, in stretto rapporto con l’estetismo artistico,

secondo cui anche la vita pratica deve essere realizzata in assoluta libertà

al di fuori e al di sopra di ogni legge e di ogni freno;

 

 

– l’Analisi narcisisticamente compiuta dalle proprie sensazioni più rare sofisticate e raffinate;

 

 

– il Gusto della Parola scelta più per il suo valore evocativo e musicale

che per il suo significato logico.

– il Panismo, ossia la tendenza ad abbandonarsi alla vita dei sensi e dell’istinto,

a dissolversi e ad immedesimarsi con le forze e gli aspetti della natura,

a sentirsi parte, cioè, del Tutto nella circolarità della vita cosmica.

 

Gabriele d’Annunzio seppe, così,

creare un proprio stile di vita e di arte che va sotto il nome di

dannunzianesimo,

un fenomeno culturale che,

tra la fine dell’800 e i primi del 900,

investi l’Italia intera.

 

Per dannunzianesimo si intende, infatti,

il complesso degli atteggiamenti deteriori di

Gabriele d’Annunzio che influenzarono la vita pratica,

letteraria e politica degli italiani del suo tempo.

 

Nella vita pratica, Gabriele d’Annunzio,

suscitò interesse e curiosità in una certa aristocrazia e borghesia parassitaria

e sfaccendata, influenzandone il costume con i suoi atteggiamenti estetizzanti,

narcisistici, immorali e superomistici.

 

Nella vita letteraria, Gabriele d’Annunzio,

con i suoi virtuosismi lessicali e stilistici diventò il modello di tanti poeti del suo periodo.

 

Nella vita politica, Gabriele d’Annunzio, dapprima,

con la sua eloquenza fastosa di interventista e con le imprese eroiche di combattente,

galvanizzò l’Italia in guerra;

poi, con il gusto estetizzante dell’avventura e della ribellione all’autorità costituita,

influenzò il fascismo al quale, Gabriele d’Annunzio,

fornì gli schemi delle celebrazioni esteriori, dei discorsi vuoti, dei messaggi

e dei motti, fra tutti il famoso: “Memento audere semper”,

la teatralità dei gesti e le pose istrionesche del capo.

 

Gabriele d’Annunzio lasciò alla mentalità fascista la mancanza di senso storico,

il fastidio e il disprezzo per il lavoro umile,

la sottovalutazione degli avversari,

elementi che portarono l’Italia in guerra e alla disfatta.

 

 

La poetica di Gabriele d’Annunzio

In Gabriele d’Annunzio evidente è la sfiducia nella ragione e nella scienza,

rivelatesi incapaci di dare una spiegazione sicura della vita e del mondo.

E proprio da questa sfiducia deriva il senso della solitudine dell’uomo,

dalla quale scaturisce la concezione della vita

che si sviluppa nell’ambito dell’estetismo e del superomismo nicciano.

 

Gabriele d’Annunzio ha un temperamento sensuale

e perciò una percezione egoistica, orgogliosa e arrogante della solitudine,

derivate dalla consapevolezza dell’eccezionalità della propria persona

che lo spinge ad affermare la propria supremazia sugli altri,

a conquistare il dominio del mondo.

 

La poesia di Gabriele d’Annunzio

rispecchia la sensualità del suo temperamento intesa

come abbandono gioioso alla vita dei sensi e all’istinto

per scoprire l’essenza profonda e segreta dell’io.

 

Si rinnova così in Gabriele d’Annunzio

il dramma romantico della ricerca dell’assoluto.

Mentre, però,

i romantici cercavano di raggiungerlo

con l’estasi dello spirito davanti all’infinito,

Gabriele d’Annunzio, invece,

lo ricerca con l’estasi panica,

cioè con l’immergersi nella natura delle cose fino a “sentirne,

come lui dice,

in bocca il sapore del mondo”.

 

 

Le Opere:

Le opere in versi del periodo giovanili sono:

Promo vere e Canto Novo.

 

 Le Novelle sono racchiuse in 3 raccolte:

1)Terra Vergine

2) il Libro delle Vergini

3) San Pantaleone

confluite, in seguito, in un unico volume:

Le Novelle della Pescara.

 

Le opere, invece,  influenzate dai decadenti europei,

in versi e in prosa sono:

Intermezzo di Rime;

Isotteo dedicato alla moglie Maria di Gallese;

Chimera dal nome del mitico mostro,

una leonessa con la coda di serpente,

simbolo delle forze avverse,

del bene e del male,

della gioia e del dolore,

che tormentano Gabriele d’Annunzio;

 

Elegie romane,

una raccolta di poesie d’amore sullo sfondo della splendida Roma dei Papi,

delle Chiese, delle Ville e delle Fontane;

 

Il Poema Paradisiaco o poema dei giardini, dal tono stanco.

 

Sull’esempio di Balzac, di Zolà, di Verga,

Gabriele d’Annunzio

si propose di scrivere un ciclo di romanzi suddiviso in 3 trilogie,

ciascuna denominata dal nome di un fiore:

la rosa,

il giglio,

il melograno.

A simboleggiare le tappe evolutive del suo spirito dalla schiavitù delle passioni alla vittoria di esse.

 

-I romanzi della rosa, simbolo della voluttà e della passione invincibile,

sono:

il Piacere,

l’Innocente,

il Trionfo della morte.

 

Il Piacere, il famoso romanzo, fu pubblicato a Milano nel 1889.

E’ la storia di Andrea Sperelli,

un ricco aristocratico incline a “fare della propria vita come si fa un’opera d’arte.”

Giunto a Roma, Andrea Sperelli, nel 1884,

inizia a frequentare i luoghi e le feste più elitarie della Capitale.

E proprio in una di queste feste conosce Elena Muti,

una giovane contessa rimasta vedova,

con la quale intraprende una storia d’amore.

Quando, però, nel marzo del 1885,

la donna annuncia ad Andrea di voler troncare la relazione e di andarsene da Roma,

pur provando per lui un forte sentimento, Andrea inizia una vita volta alla dissoluzione.

Dopo essere passato di donna in donna,

Andrea conosce Maria Ferres, una donna casta e religiosa di cui si invaghisce

e che,  ad ogni costo, intende conquistare.

Nel frattempo a Roma rientra Elena,

la quale aveva sposato un ricchissimo Lord inglese

per risolvere la sua crisi finanziaria,

e, Andrea decide di fare sue le due donne.

Così, pur avendo istaurato una intensa relazione con Maria, Andrea,

non fa che pensare ad Elena.

E quando per errore chiama Maria col nome di Elena,

perde entrambe le donne rimanendo solo.

 

 

-I romanzi del giglio, simbolo del superuomo,

della passione che si purifica,

sono ispirati a Nietzsche.

Il superuomo non è più schiavo delle passioni

ma si serve di esse per realizzare pienamente la propria volontà di potenza.

 

Nietzsche non auspicava l’avvento di un uomo superiore agli altri

ma l’avvento di un’umanità rinnovata che per poter sviluppare tutte le sue potenzialità

doveva liberarsi dalla morale tradizionale, fatta di ipocrisie e finzioni.

 

Gabriele d’Annunzio, ignorò, o finse di ignorare,

il significato più profondo del niccianesimo

e lo deformò adattandolo al suo temperamento sensuale

facendo del superuomo l’individuo di eccezione destinato a dominare.

 

Dalla trilogia del giglio scrisse soltanto Le Vergini delle rocce.

I romanzi del melograno, il pomo dai molti granelli,

simbolo dei frutti che possono derivare dal dominio delle passioni,

dalla trilogia scrisse solo Il Fuoco.

Il Fuoco è un romanzo autobiografico

in quanto vi è adombrata la storia del suo amore

per l’attrice Eleonora Duse.

 

Gli aspetti significativi del Gabriele d’Annunzio romanziere

sono una lunga lirica in prosa nella descrizione di sensazioni raffinate e

stati d’animo eccezionali,

in uno stile elevato.

 

 

Altri romanzi:

Giovanni Episcopo;

Forse che si forse che no;

La leda senza cigno.

 

Gabriele d’Annunzio e il Teatro

Gabriele d’Annunzio

si dedicò al teatro per invito dell’attrice Eleonora Duse

con un programma ben preciso,

quello cioè di sostituire al realismo banale del dramma borghese

un teatro di poesia in cui musica, danza e canto lirico,

creassero un’atmosfera ideale attorno alle figure degli eroi,

tutti esseri eccezionali, superuomini.

Tra i suoi drammi,

il capolavoro è La figlia di Iorio,

una tragedia pastorale ambientata nell’Abbruzzo.

Un Abbruzzo immobile, senza tempo e senza storia,

legato a superstizioni, usi e costumi immemorabili

che si tramandano inalterati di generazione in generazione.

 

L’Opera Lirica più vasta e più celebre di Gabriele d’Annunzio è

le Laudi del ciclo, del mare, della terra e degli eroi, ispirate al mito del superuomo.

Dovevano essere 7 libri corrispondenti alle 7 stelle delle costellazioni delle Pleadi.

Gabriele d’Annunzio, però, ne scrisse solo 4:

MAIA: un poema a sfondo autobiografico,

in cui il poeta si rappresenta come moderno Ulisside,

annunziatore di una nuova morale

che serviva agli spiriti eletti il diritto di godere le gioie del mondo.

 

ELETTRA: contiene la celebrazione

dei poeti, tra cui Dante,

di artisti, tra cui Verdi,

di eroi della patria, tra cui Garibaldi

e la rievocazione delle glorie “della città del silenzio” tra cui Ferrara e Pisa.

Sono le città italiane che, avendo un passato glorioso,

aspettano, raccolte nel silenzio,

che risorga la Nuova Italia a rinnovare la gloria antica.

 

ALCYONE: è il poema del Sole e dell’Estate

in cui Gabriele d’Annunzio

trasfigura e rappresenta liricamente momenti

e sensazioni dell’estate 1902 trascorsa in Versilia.

Famosissima, tratta da quest’ultimo poema,

è la poesia La pioggia nel Pineto.

Il tema è la pioggia estiva mentre il poeta e la donna amata

varcano le soglie della pineta nella quale vi si inoltrano.

Il poeta descrive la pioggia estiva nella pineta

cogliendola nei vari momenti e nella diversa orchestrazione dei suoni:

quando inizialmente è rada, quando si infittisce, quando diventa scrosciante.

Il poeta e la donna amata

si abbandonano con gioiosa voluttà alla freschezza della pioggia,

imbevendosi dello spirito stesso del bosco

fino a sentirsi come trasformati in piante e frutti,

in elementi della natura vegetale.

Il motivo vero della poesia, però,

non è la pioggia,

ma il panismo del poeta,

la percezione,

cioè di sentirsi intimamente fuso con la natura,

di ritornare alle sorgenti primordiali della vita.

 

MEROPE: contiene le Canzoni delle gesta d’oltremare,

composte per la guerra di Libia.

Dopo la morte di Gabriele d’Annunzio

fu pubblicato un quinto libro delle Laudi, Asterope,

che comprende i canti della guerra latina

composti durante la prima guerra mondiale.

 

Tra le ultime opere di Gabriele d’Annunzio

ricordiamo le pagine autobiografiche, che raccolte in alcuni volumi,

ci presentano un Gabriele d’Annunzio diverso,

più intimo, più sincero, più umano.

La parola si fa incisiva, essenziale, vibrante della dolente

e pensosa umanità dannunziana:

-la contemplazione della morte;

-le Faville del maglio;

-il Libro segreto;

il più famoso è il Notturno

che raccoglie meditazioni e fantasie

di Gabriele d’Annunzio convalescente

per una ferita all’occhio destro

in seguito ad un incidente di volo

durante la I Guerra Mondiale.

 

Gabriele d’Annunzio

grande esteta, amante delle donne, ma innamorato di una soltanto.

Che attraverso il Piacere realizza il vivere inimitabile

riuscendo a fare della propria vita come si fa un’opera d’arte,

abbandonandosi all’istinto e sentendosi parte del cosmo.

è il maggiore rappresentante del decadentismo italiano.

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