L’Ermetismo e cinque grandi poesie ermetiche

L’Ermetismo è una corrente letteraria che si sviluppa negli anni venti e trenta del novecento nel vivace ambiente culturale di Firenze. Il termine ermetismo deriva da un saggio del 1936 dal titolo “poesia ermetica” di Francesco Flora che accusò i poeti ermetici, per la loro lirica concentrata, rarefatta, scarna ed allusiva, di oscurità e di indecifrabilità, come se fosse una scienza occulta. Ermetismo ed ermetico, infatti, sono due termini che derivano da Ermete o Mercurio, il dio delle scienze occulte.

La poesia ermetica rifiuta la concezione oratoria della poesia intesa come celebratrice di ideali esemplari e persegue l’ideale della poesia pura, libera cioè non solo dalle forme metriche e retoriche tradizionali ma anche da ogni finalità pratica, didascalica, celebrativa, narrativa e descrittiva.

Per comprendere meglio l’Ermetismo e i poeti ermetici, ecco il mio Video:

E di seguito cinque tra le più importanti poesie ermetiche:

Veglia di Giuseppe Ungaretti

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita.

 

Non chiederci la parola di Eugenio Montale:

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

 

Alle fronde dei salici di Salvatore Quasimodo:

E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

 

Carri d’autunno di Alfonso Gatto:

Nello spazio lunare
pesa il silenzio dei morti.
Ai carri eternamente remoti
il cigolìo dei lumi
improvvisa perduti e beati
villaggi di sonno.

Come un tepore troveranno l’alba
gli zingari di neve,
come un tepore sotto l’ala i nidi.

Così lontano a trasparire il mondo
ricorda che fu d’erba, una pianura.

 

L’immensità dell’attimo di Mario Luzi:

Quando tra estreme ombre profonda
in aperti paesi l’estate
rapisce il canto agli armenti
e la memoria dei pastori e ovunque tace
la segreta alacrità delle specie,
i nascituri avallano
nella dolce volontà delle madri
e preme i rami dei colli e le pianure
aride il progressivo esser dei frutti.
Sulla terra accadono senza luogo
senza perché le indelebili
verità, in quel soffio ove affondan
leggere il peso le fronde
le navi inclinano il fianco
e l’ansia de’ naviganti a strane coste,
il suono d’ogni voce
perde sé nel suo grembo, al mare al vento.

 

 

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